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Nuovo prodotto
Elemental group
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Disponibile dal:
Materiali | Vetro |
Anno di produzione | 2017 |
Utilizzo | Interno |
Designer | Elemental |
All’inizio, l’uomo aveva a disposizione solo la luce delle stelle: il sole e il suo riflesso sulla luna. Per millenni l’umanità ha accettato la sua incapacità di vedere al buio e si è adattato di conseguenza al ritmo naturale delle sfere celesti, dell’alba e del tramonto. Ma questo è cambiato circa 2 milioni di anni fa. L’apparizione dell’uso controllato del fuoco ha segnato l’inizio della ricerca di come trasformare la notte in giorno a piacimento. Ma creare la luce dalle fiamme era molto inefficiente (scaldava più che illuminare) e scomodo (produceva fumo). Poi circa 70 mila anni fa, laluce cominciò ad essere prodotta dal combustibile in fiamme: grasso animale prima, olio o cera, oppure gas e kerosene più recentemente non solo consentivano un uso più efficiente dell’energia, ma introducevano anche la necessità di un design più specifico della fonte di luce. La comparsa dell’energia elettrica all’inizio del secolo scorso ha dato inizio a uno sviluppo tecnologico che, indipendentemente dal principio scientifico impiegato per produrre luce (incandescenza, fluorescenza o alogenuri metallici), ha fatto sparire quasi ogni altra fonte di energia. Il passo successivo nella produzione di luce è avvenuto con lo sviluppo di diodi emettitori di luce (LED). Per la prima volta, la luce si è spostata dal regno elettrico al campo dell’elettronica. Ma per qualche ragione un passaggio così rivoluzionario non ha permeato la società; le persone cercano sorgenti e lampade nella sezione elettrodomestici, non nella sezione elettronica. Il nostro progetto per Artemide riguarda l’integrazione del primo e dell’ultimo momento nella storia della luce: le sfere celesti con l’elettronica. Da un lato vogliamo che la luce vari la sua intensità e direzione come in base a delle fasi più che spostando pezzi di un meccanismo. D’altra parte, vogliamo riconoscere il fatto che il futuro della luce è elettronico, non elettrico. Il potenziale distintivo dell’elettronica è la sua capacità di trasportare informazioni che consentono molteplici modalità di interazione, come uno schermo tattile. Quindi, il nostro progetto è una sfera scura a bassa tensione, mobile, attivata intuitivamente dal tocco. Da qui il nome Huara, la parola aymarà per stella. Aymarà è la popolazione nativa del deserto di Atacama, la più arida e oscura del mondo. In altre parole, il luogo da cui si possono vedere più stelle del pianeta; non stupisce che entro il 2020 il 70% della capacità di osservazione astronomica del pianeta sarà nella terra di Aymarà. Huara è onorare la fonte di luce originale dell’umanità e la tecnologia più all’avanguardia.
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